Agenda giugno 2019

Le mura di Treviso

 L’Agenda di questo mese ospita un intervento di Francesco Scoppola, direttore generale Direzione Educazione ricerca – MiBAC.

 

Le mura di ogni città hanno un significato operoso e plurimo. Quello di limite e di confine dell’insediamento stesso e di separazione rispetto al suburbio, alla campagna, al selvatico. Quello di connotare in modo inequivocabile un abitato antico, storico, preindustriale: le megalopoli e le città tentacolari diffuse di epoca recente non sono infatti munite di mura, ne sono del tutto prive, al punto che stentano a trovare una loro immagine che non sia vana e qualsiasi. Quello in origine prevalente di sicurezza, difesa militare contro assalti nemici e assedi. Quello di prova tangibile di impresa comune, tra persone, enti e tempi diversi, a riprova 

materiale di una idea, di un interesse condiviso rispetto a un bene indivisibile, di uso civico per eccellenza: la sentita volontaria custodia. 

Infine quello di decoro e dignità, di solco o vallo […] Le mura di Treviso non sono fatte solo di malta, di mattoni e di pietra come nel caso di molte altre città. E nemmeno le difese di Treviso sono affidate come a Venezia solo alla fluidità della laguna, del mare. Nel caso di Treviso le due difese di terra e d’acqua coesistono, si compongono in modo armonico, complementare. E non soltanto con l’idea frequente, ricorrente, di un vallo. 

Qui si tratta di un vero e proprio pomerio costituito da corsi d’acqua e da ponti che non rappresentano come avvenne a Babilonia un vulnus, una criticità difensiva, una agevole via di penetrazione a sorpresa (nottetempo) per il nemico, ma al contrario un rafforzamento efficace. 

Un doppio circuito difensivo (triplo se si includono i monti). Questa alleanza perimetrale di Treviso con l’acqua sancisce e irrora quindi in generale l’idea di quel tempio che è la città, intesa secondo il precetto di Leon Battista Alberti come grande casa di tutti. Certo ogni cinta muraria può essere percepita primariamente come divisione, esclusione, difesa repulsiva, ma anche simmetricamente come involucro, come scrigno, quasi come prezioso stipo, come abitazione condivisa, comune: la dimensione civica della collettività. Ammasso, alveare, che troppo spesso di recente intendiamo solo in senso dispregiativo, senza riconoscerne le funzioni sociali di provvista, di ripartizione e moltiplicazione, in una parola i pregi. Monte dei pascoli, monte frumentario, monte dei pegni, banchi, tribune. Una tradizione fondata sulla partecipata continuità di cure, sulle incessanti meticolose e competenti attenzioni, sulla regìa complessiva, sulla affezione al disegno d’insieme, sulla capacità di consentire l’apporto discreto e misurato di ciascuno attraverso lo sviluppo di arti e mestieri, sulla coerenza tra naturale e artificiale. Sulla continua ricerca di composizione qualitativa e quantitativa: verso le quasi impossibili nozze tra filologia (intesa come scienza, ragione, coscienza) e mercato. Insomma la città in generale, e Treviso in particolare, dimostra quanto sia evitabile il modello recente che ci preoccupa, di sede vorace e rapace, avvelenata, irrespirabile, nemica perfino e primariamente per chi la abita. 

 

È disponibile il testo completo scritto in occasione della giornata di studio dedicata alle mura di Treviso in programma sabato 8 giugno.