Agenda dicembre 2020

Pasolini e Medea in Cappadocia

Sulle tracce del luogo del Premio Carlo Scarpa 2020–2021
Il grande ingresso della Cappadocia in Medea avviene al nono minuto circa del film, quando la vista si spalanca sulla piazza della città di Ea, la capitale della Colchide, il regno di Eeta, figlio del Sole e padre di Medea. Lo scenario sublime del paesaggio cappadoce si contrappone alla misura elegiaca delle rive del mare e della casa lacustre abitata dal centauro, a cui presta il suo volto la laguna di Grado. Ea, la città “cavernicola”, si annida in un paesaggio rupestre «tra i folti calanchi, le rupi mostruose, le terrazze labirintiche»; i suoi spazi si snodano fra quelli con funzione pubblica e quelli di rappresentanza come il palazzo reale. Il centro della città è incessantemente animato dalla presenza del popolo, dalle figure dei sovrani, da Medea, dalle sue ancelle, che l’attraversano in un viavai continuo, singolarmente, in gruppo o in fila, nelle lunghissime processioni delle prime affascinanti inquadrature del film. Del tutto naturale è poi l’andirivieni fra spazi esterni e interni.
Fuori della città, ma non lontano da essa, si trova il sito del Tempio nel quale è custodito e poi rapito il vello d’oro. Oltre, a perdita d’occhio, si stende la campagna dove a regnare è la produzione agricola: delle vigne, del grano, degli alberi fruttiferi nelle radure, lungo i fondivalle, nei terrazzamenti, entro i confini di un paesaggio speciale. In una di queste campagne che, come scrive Pier Paolo Pasolini dalla Cappadocia nel 1969, «verdeggia, tra l’ocra e il rosa delle cuspidi rocciose», ha luogo il sacrificio umano, culmine della «più grande festa agricola dell’anno», alla quale partecipano tutto il popolo e la famiglia reale fin dal mattino: altrove, si continua a lavorare la terra, mentre i cortei legati alla cerimonia agricola, le corse di Medea in fuga con il vello d’oro prima col fratello Apsirto, poi, dopo averlo ucciso, con Giasone e gli Argonauti, si svolgono nello scenario grandioso e unico del paesaggio della Cappadocia, «per canaloni fiabeschi, tra colonnati naturali» o «lungo i fantastici pendii di quella terra barbara e arcaica» attraverso cui giungono a Ea Giasone e gli Argonauti.
Questa, a larghe linee, è la geografia della Colchide. Pasolini l’ha immaginata e calata nel paesaggio della Cappadocia, nel quadrato fra i villaggi di Uchisar, Avcilar, Ortahisar, Urgup. La Colchide, “barbara e arcaica”, è rispecchiamento e ricreazione della Cappadocia attuale, quella del nostro 2020; le loro geografie, immaginate e reali, combaciano al punto che ogni spazio e luogo “inventato” da Pasolini per Medea risulta riconoscibile. Così che, una volta rintracciato, ogni nuovo dettaglio va a posizionarsi accanto agli altri nelle maglie di una possibile mappa topografica Colchide/Cappadocia.

 

Maria Andaloro
direttrice della Missione dell’Università degli Studi della Tuscia in Cappadocia

 

 

Fotografia e testo da Güllüdere e Kızılçukur: la Valle delle Rose e la Valle Rossa in Cappadocia, a cura di Patrizia Boschiero e Luigi Latini, Fondazione Benetton Studi Ricerche-Antiga, Treviso 2020.