La memoria del suono del Rinascimento
intervento di Paolo Da Col
La memoria del Rinascimento evoca in noi le immagini di architetture, pitture e sculture di artisti italiani che sono stati tra i maggiori protagonisti di quella straordinaria stagione dell’arte e della cultura. Così non accade alla memoria del suono del Rinascimento, che oggi appare muta. In quell’epoca artisti provenienti dalle Fiandre o dalla Francia del Nord come Guillaume Dufay e Josquin Desprez seppero concepire creazioni musicali di analoga magnificenza e complessità. I nomi di quei cantori “oltremontani” (i «veri maestri della musica», nelle parole di Francesco Guicciardini) sono oggi ben poco noti ai più. Eppure, al suo tempo, Josquin Desprez venne definito il Michelangelo della musica dall’umanista Cosimo Bartoli. A Firenze, Dufay compose un mottetto (un brano polifonico su testo latino, Nuper rosarum flores) per la riconsacrazione della cattedrale di S. Maria del Fiore seguita all’erezione della cupola progettata da Filippo Brunelleschi. Le proporzioni che regolano la composizione del mottetto sono le medesime che regolano il progetto della cupola. Essa domina ancora l’orizzonte della città, mentre è assai raro poter riascoltare il suono di quel mottetto. Leonardo osservò che la «sventurata musica» «more imediate dopo la sua creazione», ponendo l’accento sulla componente effimera e immateriale di quell’arte. Ma fortunatamente le opere di Dufay e di tanti altri compositori del Rinascimento sono testimoniate da preziosi codici. Il nuovo progetto di Musica antica in casa Cozzi riavvicina quelle fonti, ne trascrive il contenuto, lo rende accessibile a un gruppo di una quindicina di musicisti che lo restituisce in suono, riportando alla luce e soprattutto alle nostre emozioni sonore un complesso capolavoro polifonico, la messa di Dufay Se la face ay pale.
L’esecuzione di musiche di un passato così remoto presuppone infatti la conoscenza della notazione che le ha tramandate, dei segni che regolano il loro profilo ritmico, della qualità degli organici vocali e strumentali che le eseguivano. L’ensemble impegnato nel laboratorio di casa Cozzi sembra riproporre, nei suoi tratti essenziali, la fisionomia di una cappella di corte quattrocentesca: un drappello internazionale di cantori e di esecutori che imbracciano strumenti che ritroviamo raffigurati nelle miniature e nei dipinti del tempo.
Le numerose formazioni corali del nostro paese, professionali o amatoriali che siano, attingono di rado all’immenso patrimonio polifonico rinascimentale, ricorrendo alla solita, consunta manciata di musiche note. Anche su questa realtà si innesta il significato del laboratorio guidato da Claudia Caffagni, che conduce giovani musicisti in un viaggio formativo di riscoperta della messa Se la face ay pale. Il rigore dello studio non toglierà nulla alla libertà degli interpreti, che sapranno cogliere suggestioni e restituire in suono antiche armonie leggendo nelle pieghe recondite di un testo privo di indicazioni dinamiche, eppur ancora eloquente.
Paolo Da Col
musicista, direttore dell’ensemble Odhecaton