Mio zio/Mon oncle
proiezione nell’ambito di "Naturale inclinazione" 2018
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Le immagini del capolavoro di Tati, Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes nel 1958 e Oscar come miglior film straniero nel 1959, testimoniano i disastri che possono derivare, nella costruzione dei nostri paesaggi (e giardini), da un rapporto irrisolto con la storia.
Se il celeberrimo tormentone della fontana da attivare solo per gli ospiti è il simbolo evidente di una modernità solo formale, uno status symbol vuoto di significati, lo zio Hulot rappresenta perfettamente il disagio esplicito di tutti quelli che non accettano la cancellazione della dimensione umana a favore di un mondo ordinato e artificiale, abitato da persone dai sentimenti altrettanto asettici.
Il gelido ultramoderno della villa degli Arpel e della fabbrica risulta inevitabilmente sconfitto nel confronto con il mondo irregolare, colorato e vivace del quartiere popolare e della casa in cui vive lo zio, mediatore non solo fra generazioni ma anche tra questi due universi contrapposti. Attraverso le sue irresistibili gag, il racconto provocatorio e divertente di Tati propone una riflessione tutt’altro che leggera sul conflitto tra passato e presente e sulla necessità di mettere al centro, nella progettazione dei luoghi, le persone e il loro stare bene, in quanto individui o parte di una comunità.