A proposito di giardini, paesaggi, ideologie

Naturale inclinazione 2024
, ore
Treviso, spazi Bomben

Incontro pubblico con Marco Armiero (professore di Storia della Scienza all’Universitat Autonoma de Barcelona; ICREA, Institució Catalana de Recerca i Estudis Avançats), Gianluca Drigo (dottorando di ricerca in Architettura Città Paesaggio all’Università di Roma Tre, borsista in Fondazione Benetton nel 2023), Anna Lambertini (professoressa di Architettura del Paesaggio all’Università di Firenze).

Introduce Luigi Latini, direttore della Fondazione Benetton Studi Ricerche.

 

Ideologie autoritarie e ambientalismo. La natura del duce

(Marco Armiero, in collegamento)

L’ambientalismo non è una categoria metastorica, sempre uguale nel tempo, come se esistesse da qualche parte il decalogo immutabile del bravo ecologista, in base al quale misurare quanto verde sia stato un dato regime o personaggio storico. Senza dare o ritirare patenti di ecologismo, è interessante lavorare sulle ecologie politiche dei regimi autoritari, per esempio sulle pratiche e le narrative attraverso cui quello fascista ha costruito delle nature, tanto immaginarie quanto materiali, funzionali al suo progetto politico. Ecologico non implica un approccio ecologista e non coincide con una “buona” gestione dell’ambiente. Tra leonesse addomesticate e bonifiche integrali, paesaggi coloniali e autarchia, parchi e monumenti, anche il fascismo ha immaginato, usato e trasformato la natura. Il fascismo non si disinteressava della natura ma l’alternativa al disinteresse non sempre è, come qualcuno sembra intendere, una cura attenta.

 

Blut und Boden”. Sviluppo, influenza e declino di un pensiero progettuale

(Gianluca Drigo, con un commento di Anna Lambertini sulle nature urbane berlinesi)

La Germania del primo Novecento vide l’affermazione di un pensiero progettuale, il “Blut und Boden” (sangue e suolo), ben rappresentato da figure quali Willy Lange, Alwin Seifert e Heinrich Friedrich Wiepking-Juergensmann, i principali paesaggisti tedeschi dell’era nazista. Legato a una specifica idea di natura e a una più o meno esplicita missione politica di stampo nazional-identitario, il loro lavoro esercitò una certa influenza anche in contesti esterni allo spazio-tempo della Germania del primo Novecento, basti pensare alla teoria di Lange del “giardino naturale”. La radicale divergenza tra i codici progettuali del “sangue e suolo” e quelli che in seguito avrebbero caratterizzato la pratica paesaggistica tedesca ne determinò, tuttavia, un sostanziale e rapido declino nonostante, ad esempio, l’influenza esercitata sul dibattito contemporaneo sul concetto di “nativo” applicato al progetto di paesaggio. Lungi dal riabilitare una teoria estremamente problematica sul piano etico-politico, si può dire che il “Blut und Boden” rappresenta un pensiero progettuale capace di esercitare una silenziosa ma decisiva influenza sullo sviluppo del progetto del paesaggio del ventesimo secolo e che, pur nell’evidente inadeguatezza di queste teorie nell’epoca della crisi climatica, invita alla riflessione circa l’ambiguo legame tra ideologia e pratica progettuale.