Finestre in Val del Biois. Enzo Demattè. Note, racconti, poesia
mostra
- |
---|
Treviso, spazi Bomben |
ingresso libero |
Giunge a Treviso, dopo la prima tappa a Canale d’Agordo (Belluno), la mostra Finestre in Val del Biois. Enzo Demattè. Note, racconti, poesia, organizzata dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche e dalla Fondazione Papa Luciani, a cura di Donata e Francesca Demattè.
Un omaggio a Enzo Demattè (1927–2014), trentino di nascita, ma trevigiano d’adozione, di cui la Fondazione Benetton Studi Ricerche conserva e valorizza la biblioteca e l’archivio. Uno dei più attenti intellettuali del secolo scorso, scrittore, poeta, studioso e insegnante, Enzo Demattè seppe intercettare e fare sua la secolare cultura delle Dolomiti bellunesi, ed è su questo particolare aspetto della sua sensibilità d’uomo e di studioso che si focalizza l’esposizione.
L’esposizione analizza attraverso l’opera di Enzo Demattè – carnets de voyage, pubblicazioni, documenti d’archivio, fotografie –, e con la testimonianza di manufatti e opere d’arte di collezionisti privati, l’antico spirito della cultura e della civiltà della Valle del Biois; quella che, salendo da Cencenighe Agordino verso il Passo San Pellegrino, arriva in compagnia del torrente Biois fino a Falcade, incontrando sulla destra paesi come Vallada e sulla sinistra Canale e Caviola, dove si raccolgono le acque del Gaòn e, dopo Falcade, quelle dei torrenti Focobòn e Valés.
Una valle, «parte dell’Agordino, cuore geografico delle Dolomiti, oggi patrimonio Unesco» afferma Loris Serafini, che è sempre stata un territorio di scambio e passaggio di culture, per la posizione geografica che occupa, e che cattura, con gli affreschi colorati delle sue case, con gli intagli fra le assi dei suoi tabià, con la sua gente, la sua natura, le sue storie, l’immaginario del giovane Demattè che inizia a frequentarla nei primi anni cinquanta del Novecento e a raccogliere sistematicamente le testimonianze più varie – annotandole nei suoi carnets – per farle conoscere insieme alle riflessioni che la sua mente osservatrice e creativa ha lasciato in eredità al nostro tempo.
«La stessa intensità di osservazione rivolta ai manufatti e alle architetture naturali del mondo dei contadini della montagna, fu riservata anche alle loro parlate e ai modi di dire, ai canti fedelmente registrati, attraverso le interviste ai locali, in quaderni e taccuini ancor oggi leggibilissimi, nei quali trovano ospitalità lemmi, espressioni, modi di dire annotati direttamente sul campo, in anni nei quali i dialetti scomparivano per far posto alle lingue del turismo e dei mezzi di comunicazione di massa» dicono le curatrici Francesca e Donata Dematté.
Consapevole che osservare e registrare non basta e che, per ridestare l’interesse, occorrono capacità comunicative, fantasia, emozione – possibili solo attraverso la narrazione –, Demattè restituisce vita alle testimonianze orali e materiali raccolte che, nel pieno rispetto dei dati oggettivi liberi da falsificazioni e manipolazioni, diventano gli sfondi e i contesti per le sue creazioni letterarie come i racconti e le poesie, o le interpretazioni delle opere degli scultori e dei pittori che Demattè incontra e riconosce in Valle. Nascono così il racconto lungo de La valle coi Santi alle finestre, la raccolta di poesie Trei Orazhiòn, il romanzo per ragazzi Gente di confine.
La mostra ricorda anche, nel contesto della frequentazione di Demattè con gli artisti del luogo, il sodalizio che, già nei primi anni della sua presenza nella valle, egli instaura con un giovane e allora poco conosciuto scultore Dante Moro, del quale riconosce originalità di temi, padronanza di tecniche e forza innovativa del linguaggio.
«La scelta di raccontare luoghi e culture della valle del Biois attraverso gli occhi e l’opera di una figura come Enzo Demattè, può esser ricondotta alle due ragioni per cui la Fondazione Benetton Studi Ricerche aderisce a questa iniziativa», spiega il direttore, Luigi Latini: «il tema della mostra, con il suo immediato richiamo al paesaggio, da sempre al centro delle nostre attività di ricerca, e la valorizzazione del nostro patrimonio di documenti, di cui fanno parte l’archivio e la biblioteca di Demattè, attraverso un progetto condiviso con la Fondazione Papa Luciani e la famiglia Demattè. Se i magnifici carnets presenti nell’archivio, grazie alla densità di note e appunti, schizzi e fotografie, si configurano già come un densissimo documento/genere di immediato interesse paesaggistico che potrebbe costituire il fulcro di un’esposizione, la ricchezza e l’articolazione di tutta l’opera di Demattè hanno indirizzato il progetto verso la costruzione di un percorso che potesse far tesoro dei molti documenti dell’archivio».