Prima sezione. Rocce e acque
la geografia serve a fare la guerra?
Representation of human beings
mappe e arte in mostra
La prima delle tematiche affrontate in questa mostra, riguarda il concetto di “confine naturale”, ovvero l’utilizzazione di alcuni elementi del paesaggio geografico (corsi d’acqua, catene montuose) come linee lungo le quali far passare una distinzione, una divisione.
E non si tratta di una semplice enunciazione tratta da un manuale di geografia fisica, perché è uno dei concetti fondamenti che motivò, cento anni fa, l’entrata in guerra del Regno d’Italia contro l’impero Austro-Ungarico. Il Proclama del Re firmato da Vittorio Emanuele III e pubblicato sul «Corriere della Sera» del 27 maggio 1915 era rivolto direttamente ai soldati: «A voi la gloria di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra».
La barriera alpina era da secoli intesa come simbolo di confine e difesa del territorio italiano e ricorreva nella letteratura poetica a partire dai celebri versi di Dante e Petrarca. A lungo si è ritenuto che la volontà di Dio, o della natura, potesse aver effettivamente disegnato delle regioni “naturali” per destinarle a una civiltà, a un popolo, a un paese. Ma il “confine naturale” non esiste. Lo spiegarono chiaramente lo storico Gaetano Salvemini e il geografo Carlo Maranelli nel 1918: «non esistono confini politici naturali, perché tutti i confini politici sono artificiali, cioè creati dalla coscienza e dalla volontà dell’uomo».
Con una serie di carte geografiche questa sezione si occuperà di chiarire l’equivoco attraverso il quale le teorie geografiche furono utilizzate per esprimere punti di vista di parte, pervasi dalla tendenza culturale predominante, lo “spirito del tempo”. Mappe che comunicano un’idea dell’unità italiana ben prima che fosse politicamente compiuta e in grado di esprimere graficamente valori storico-culturali profondi e concetti astratti come quello di nazione.