Il Sile, dalle mura di Treviso al Melma
laboratorio
giugno 1997
Treviso
Il fiume Sile, nel suo tratto dalla città a Silea, si configura come un universo disponibile a sperimentare un nuovo codice di comportamento verso l’ambiente fluviale.
Sono state studiate le continue modificazioni idriche del regime delle acque, cercando di metterle in relazione con i diversi usi del fiume nelle fonti storiche disponibili, a partire dai primi documenti della seconda metà del Seicento, e nei dati attuali raccolti nei vari uffici competenti, fino a riordinare un inedito “regesto” cronologico del fiume.
Dalle memorie settecentesche di Bernardino Zendrini, dagli indizi di Pietro Paleocapa (1841), dalle considerazioni di Gustavo Bucchia sul dimagramento del fiume (1882), emerge la continua variabilità delle condizioni idrodinamiche e il susseguirsi di interminabili discussioni e accese tensioni tra interessi diversi, ad esempio tra attività molitoria e trasporto fluviale, o tra produzione di energia elettrica e qualità urbana, per non parlare della attualissima “questione delle fognature”.
Più dettagliatamente sul tratto dalla confluenza dello Storga a quella del Melma, con particolare attenzione all’area di Villapendola, al porto fluviale di Silea e al ramo morto, è stato considerato anche lo status giuridico delle rive e analizzato il modo nel quale il paesaggio fluviale viene restituito dalla cartografia.
È emersa la necessità di un dialogo, non più rinviabile, tra discipline diverse. Non si capisce, infatti, la situazione attuale del fiume se non si studiano le vicende storiche che lo hanno riguardato, se non si inquadrano nell’assetto di un territorio molto più vasto, se non si considera l’uso che se ne è fatto nei diversi momenti, in particolare per quanto riguarda la sua navigabilità e lo sfruttamento a fini produttivi, con i mulini prima e con le centrali idroelettriche poi. Non si può, d’altra parte, proporre alcuna modifica, se non si tenta di incrociare le ragioni ecologiche con quelle paesaggistiche e con quelle tecnologiche.
Con questo atteggiamento si è arrivati a definire una proposta per la restituzione del fiume alla città e ai suoi abitanti, attuabile con una serie di modifiche da compiere nell’arco di un decennio. Dalle informazioni ottenute presso gli uffici competenti, è stato verificato che entro il 2007 scadranno le concessioni all’ENEL per le centrali elettriche che, di fatto, impediscono oggi la navigabilità del fiume, e ne alterano notevolmente l’equilibrio idraulico. D’altra parte si è visto che la produzione delle due centrali di San Martino e di Ponte della Gobba potrebbe essere concentrata sulla sola centrale di Silea, diminuendo la portata d’acqua (reimmettendo acqua nel letto originario, il “ramo morto”, in modo da restituire dignità biologica, ecologica e funzionale al fiume), ma alzando il salto fino a una quota di compensazione.
La verifica di queste condizioni, che vanno attentamente valutate, simulate, sperimentate, potrebbe consentire di proporre l’eliminazione delle due centrali cittadine in modo da riavere una navigabilità “a monte”. Le modifiche proposte porterebbero alla formazione di una zona umida di bio/fitodepurazione, che potrebbe efficacemente integrare le funzioni del nuovo depuratore.
Le modificazioni idrauliche (cambiamento dei livelli, delle quantità e delle pendenze dell’acqua) creerebbero a loro volta condizioni paesaggistiche e ambientali assai più vicine a un’idea di Treviso come luogo della civiltà dell’acqua.